Scritto da S. A.
Laura mise in moto l’auto e si allontanò da quel luogo con la mente annebbiata. Le mani erano scosse da un lieve tremolio e si rese conto che non era del tutto vigile, così accostò in una piazzola, all’ombra di una schiera di pini: le dita stringevano il volante come se lei stesse precipitando giù da un burrone e quello fosse l’unico appiglio che potesse salvarle la vita. Chinò il capo in avanti, gli occhi chiusi le restituirono le ultime tremende scene.
Dirgli che avrebbero dovuto smetterla di vedersi era l’ultima cosa che desiderava al mondo, ma ovviamente la più urgente. Il dovere chiamava, assillante, e Laura infine aveva deciso di rispondere. Aveva chiesto ad Andrea di incontrarla preannunciandogli che aveva qualcosa da dirgli; da qualche giorno non si parlavano per via di una stupida lite che aveva fatto salire a galla tutto il marcio di quella situazione estenuante. Portava con sé un dono per lui: un libro di seconda mano, la vecchia edizione di un romanzo che Andrea avrebbe voluto leggere. Glielo aveva comprato quando era ancora molto lontana dal maturare quella decisione, in un impeto di amore e premura, in uno di quei momenti in cui pensava senza censure alla vita che avrebbero potuto avere insieme, alla libreria sistemata con cura in cui ospitare anche quella copia galeotta, alla figura silenziosa di lui disteso sul letto, assorto nella lettura.
Laura amava immaginare il suo silenzio, la sua grazia, l’elegante presenza apparentemente incrollabile che celava nubi di pensieri, domande e dolore; ma qualcosa dentro di sé, la voce cinica e disillusa – talvolta flebile e trascurabile, talvolta dura e assordante – le intimava che non lo avrebbe mai avuto, perché la vita non va mai come vorresti, perché le cose ti piacciono soltanto finché le desideri e non puoi ottenerle, perché quello immaginato non era il suo futuro, ma il gioco di una donna suggestionata da troppe pellicole, dal romanticismo hollywoodiano che tutto può. La realtà, la famiglia, il quotidiano – erano un’altra cosa. Si sentiva logorata dalla sofferenza, le bugie, il rimorso, la speranza e la rassegnazione, gli interrogativi infiniti.
Era giunto il momento di ritornare con i piedi per terra, di essere adulta e responsabile, di fare sul serio. Fare sul serio – un’espressione che le suonava bizzarra e ne sorrideva amaramente, perché le sembrava di non aver fatto niente più sul serio di quella cosa, di quel legame con Andrea. Era da tanto che non faceva qualcosa così, veramente sul serio, mettendo in gioco ogni particella di sé, aprendo tutti i cassetti messi sotto chiave e svelandone a lui il contenuto. Pensava a quanto si era fatta amare sul serio, a quanto si era lasciata guardare, accarezzare, stringere; a quanto si era sul serio inebriata del suo aroma, a quanto le si era impresso nella mente quel corpo, a quanto erano stati nudi insieme, nudi sul serio, spogliati di ogni difesa. Eppure il buon senso reinterpretava il concetto di serietà esigendo altro, ed anche le persone che le erano intorno pretendevano una dimostrazione di maturità.
Così era andata a quell’appuntamento con un groppo in gola; aveva recitato il suo discorso tutto d’un fiato, come una brava attrice che si attiene ad un copione imposto, ma alla fine gli occhi le si erano velati, aveva ceduto, le lacrime avevano cominciato a bagnare il suo bel viso angosciato rigandolo di nero.
Proprietà intellettuale di Stella Amato
É vietata la copia e la riproduzione dei contenuti e immagini in qualsiasi forma.
É vietata la redistribuzione e la pubblicazione dei contenuti e immagini non autorizzata espressamente dall´autore.