Scrittori si nasce, lettori si diventa (2 di 2)

Scritto da Francesca Sivori

 


 

I libri erano sempre stati la sua passione, fin da bambino.

Dopo cena, nonostante la stanchezza accumulata durante il giorno, diviso tra la pesca, i fratellini e la scuola, Pierangelo riusciva comunque a ritagliarsi qualche momento per leggere.

Aveva cominciato fin dalle elementari ad amare la lettura. La sua maestra era stata molto brava in questo: La guerra dei bottoni e I ragazzi della via Pal furono i primi a trasportarlo nel meraviglioso mondo dell’immaginario. 

Terminate le scuole elementari, era Cecco, un affezionato cliente, che dalla sua fornita collezione sceglieva i libri adatti all’ età del giovane pescatore, privilegiando i racconti che gli avrebbero permesso di viaggiare come mai gli sarebbe potuto accadere nella realtà.

Grazie a lui Pierangelo bambino conobbe Mowgli di Rudyard Kipling e in seguito, crescendo, si ritrovò nella Malesia di Emilio Salgari insieme a Sandokan e Yanez; quindi negli abissi del mare dentro al sommergibile di Capitan Nemo; e ancora al centro della Terra con il professor Lidenbrock; per finire persino sulla mongolfiera di Phileas Fog insieme a Passepartout. 

Trascorse la sua adolescenza in compagnia delle famiglie dei minatori inglesi di Richard Llewellyn sognando le verdi valli inglesi; si calò nei personaggi dei romanzi di Archibald Joseph Cronin; ebbe le sue prime storie d’amore e incontrò una ragazza speciale, quella di Bube…

Quando un libro era finito, il ragazzo se lo infilava svelto sotto la maglietta mentre usciva di corsa da casa per raggiungere il padre in spiaggia. Sapeva che Cecco sarebbe passato e sarebbe andato subito a prendergliene un altro. 

Conclusi i tre anni di scuola media, Pierangelo, col groppo in gola, salutò i professori e i suoi compagni: quasi tutti sarebbero andati alle scuole superiori. Chi per diplomarsi, chi già con l’Università in testa.

Per lui, ora, c’era solo il mare.

Per qualche anno ancora trovò nella lettura serale l’unica fiammella di vita, l’unica possibilità di spaziare in altri mondi.

Aveva diciott’ anni quando suo padre si accasciò davanti a lui, in barca, soli, loro due, nel vasto mare.

Lo riportò a terra e lo seppellì attorniato da ben sette tra fratelli e sorelle e una mamma che piangeva disperata.

Prese in mano la situazione quel giovane ragazzo. Immaginò di essere Sandokan e di sfidare il suo nemico: il fato avverso, un destino segnato.

Cominciò a lavorare come una bestia, giorno e notte. Quando il mare non lo poteva accogliere, si rendeva disponibile a fare qualsiasi lavoro, pur di portare a casa i soldi per far vivere la sua famiglia. Fece di tutto: dal carpentiere all’imbianchino; dall’elettricista all’idraulico. Chiunque in paese cercasse un aiutante, lui si offriva. 

Senza problemi. Senza dar segni di stanchezza o cedimento.

Avrebbe fatto come uno dei suoi eroi di giovinetto, il padre di Davey Fenwick: avrebbe dato l’anima per permettere ai suoi fratelli di studiare e crearsi un futuro diverso da suo.  

Prese l’impegno con se stesso e lo mantenne.

Sono passati gli anni. Tutti i fratelli si sono sistemati.

La mamma è a casa che stancamente gli prepara una pastasciutta o una minestra. Per lui, il solo figlio che non è uscito dal nido. Il solo rimasto con lei, dopo una vita di sacrificio dedito alla famiglia.

Ha lasciato tutti i lavoretti extra: soltanto la pesca ha mantenuto. Ormai il mare è la sua vera casa. Troppo tempo ha trascorso sulla grande distesa blu; tutto di lei gli è familiare: l’orizzonte, la linea di confine con l’immenso cielo; e poi le nuvole, i gabbiani.

E infine i venti, che non lo lasciano mai: i suoi compagni di sempre, quelli che non smette di ascoltare e di seguire; gli amici dei quali ha imparato a custodire i segreti.

È lì, in mare, solo, un giorno come tanti altri; sta calando le reti dalla barca, la stessa di una vita. Il sole è già molto basso all’orizzonte e, stranamente, non c’è una bava d’aria. Neppure una brezza. ‘Bonaccia completa’, pensa. ‘Anche i venti mi hanno abbandonato…’, sorride sornione dentro di sé. Una punta di malinconia si insinua nel suo animo: smette di far scendere la rete e si pone in ascolto del grande silenzio attorno a lui. Chiude per qualche istante gli occhi e comincia a percepire qualcosa. Tende bene le orecchie, alza le palpebre e punta lo sguardo verso la curva dell’orizzonte, verso l’infinito. 

Giunge un soffio, uno sbuffo d’aria, come una raffica ma molto leggera; quindi un sottile sibilo, come quando il vento si incunea tra due rocce. Socchiude gli occhi per concentrarsi meglio. 

Il mare immobile; nessuna nuvola in cielo. Nessun segnale abituale.

Ed ecco che, improvvisamente, giunge una prima vera folata di vento: proviene dal Nord e gli accarezza appena la guancia; quindi una seconda da Sud… e una terza da Est… e infine da Ovest… non capisce. Stanno arrivando venti da ogni punto cardinale: tutti insieme. Una cosa impossibile! 

Per un lupo di mare come lui è duro ammettere di non avere la minima idea di ciò che sta accadendo, di cosa i venti vogliano rivelargli con quel loro comportamento bizzarro. Qualcosa di nuovo, certamente.

Percepisce una forte sensazione, di un qualcosa che sta per accadere, ma non avverte paura, anzi. Aguzza ancora meglio la vista ed ecco che, meraviglia delle meraviglie, li vede arrivare: le reti ormai abbandonate, le mani portate alla bocca dallo stupore. 

Il primo è lui, il suo preferito, la tigre di Mompracem: arriva insieme allo Scirocco, il vento salmastro mischiato, per l’occasione, ad aromi di spezie. Subito dopo riconosce il Capitan Nemo, tirato fuori dagli abissi del mare da un Libeccio impetuoso, e insieme a un gelido Maestrale, direttamente dall’Islanda giunge anche lui, il professore di Axel.

Infine, per ultima, ecco la protagonista dei suoi sogni più dolci, la più amata, la più desiderata: Mara, la sua ragazza, sospinta da un dolce vento caldo del Sud… 

Anche se è trascorso molto tempo, nessuno di loro lo ha dimenticato: Pierangelo li passa in rassegna uno a uno, nella sua mente, nel suo cuore; ritorna nel mondo immaginario di lui fanciullo e dimentica di essere pescatore.

Sulla grande distesa marina, ormai non è più solo: ogni qual volta si ritrova al largo, lontano dalla costa, sulla sua barca, si abbandona, attende che la rosa si schiuda e lo aiuti a ritrovare i suoi amici di un tempo.

Cullato dal mare, rilegge le loro storie, portate ora dal vento.

 

Proprietà intellettuale di Francesca Sivori

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One comment

  • Adriana

    15 Aprile 2020 at 08:50

    Molto toccante questo breve cenno della vita di un grande amico, quanta nostalgia si percepisce in queste poche righe, dell’autrice, del protagonista , del tempo della giovinezza che rimane sempre nel cuore di tutti. Un caro abbraccio Francesca !

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