L’arcobaleno di Carolina

Scritto da Laura Zona

 


 

Carolina aveva paura del temporale. Al primo tuono si era rifugiata sotto la coperta nel lettino della sua cameretta. A farle compagnia, accoccolata ai suoi piedi c’era Neve, la gattina dal pelo candido e morbido che dormiva beatamente, indifferente al frastuono del primo temporale di primavera.

Neve era una trovatella, recuperata, nel parco giochi del quartiere, pochi giorni prima del divieto d’accesso a causa dell’epidemia. Carolina, a passeggio con nonno Tino, l’aveva sentita miagolare nascosta sotto ad un grande cespuglio di rododendro, si era avvicinata ed era riuscita a prenderla in braccio senza alcuna difficoltà, anzi pareva proprio che la gattina non aspettasse altro che qualcuno si prendesse cura di lei.

“Non possiamo lasciarla qui da sola, vero nonno?” aveva chiesto Carolina preoccupata per le sorti della micetta. “Direi proprio di no!” la rassicurò il nonno. “Se si è smarrita e il suo proprietario la sta cercando lo scopriremo presto, nel frattempo portiamola con noi al sicuro. A casa abbiamo ancora la cesta di Nerone, il nostro vecchio cane. Vedrai che nonna le preparerà un bellissimo cuscino dove potrà dormire tranquilla!”

Soddisfatta e felice, Carolina trotterellò fino a casa a fianco del nonno, in braccio la micetta stretta come un oggetto prezioso. Mentre salivano in ascensore, per raggiungere l’attico del palazzo storico in cui si trovava l’alloggio dei nonni, la piccola esclamò: “Nonno ho trovato il nome giusto! La chiamo Neve perché è bella bianca proprio come la neve che ho visto in montagna quando siamo andati a sciare con papà!”

Nessuno aveva reclamato Neve e, da quel giorno, la gattina diventò la mascotte di casa conquistando anche nonna Lucia che, alla morte di Nerone, dichiarò solennemente di non desiderare più la compagnia di nessun animale. Ma Neve aveva una speciale predilezione per Carolina che l’aveva portata in salvo e non perdeva occasione per coccolarla e riempire la sua ciotola di crocchette; ormai erano diventate inseparabili e la gattina rappresentava un’insostituibile amica per la bimba che aveva perso il contatto con i suoi compagni di gioco, dal momento in cui l’asilo che frequentava era stato chiuso per ragioni di sicurezza.

Mentre all’esterno il rombo del tuono rompeva a tratti lo scroscio della pioggia sul terrazzo, riscaldata dal tepore del corpo di Neve e protetta dalla coperta, Carolina, dopo essersi tappata più volte le orecchie per non sentire il frastuono, era scivolata leggera in un sonno ristoratore. 

Sognò di correre sulla spiaggia, mentre teneva per mano una cordicella legata ad una grossa farfalla rossa e blu che volava nel cielo, poi improvvisamente la farfalla cadeva in mare e lei piangeva ma arrivavano subito in soccorso il papà e la mamma che si tuffavano in acqua per andare a recuperarla.

“Carolina!” gridavano entrambi sorridenti mentre tornavano indietro fra le onde sollevando la farfalla. 

Si svegliò con ancora nelle orecchie la voce gioiosa dei suoi genitori. “Vorrei tanto vederli!” pensò tra sé con nostalgia mentre si stropicciava gli occhi per riprendersi dal sonnellino, poi accorgendosi che Neve se n’era andata, decise di alzarsi e andare a cercarla.

Uscendo dalla cameretta fu avvolta da un buonissimo profumo che si spandeva dalla cucina. 

La nonna infatti aveva appena sfornato la torta di mele e il nonno stava asciugando il tavolo e le sedie per preparare la merenda in terrazzo. Il temporale era finalmente passato e Carolina trovò Neve, comodamente accoccolata sul davanzale della finestra, a godersi i caldi raggi del sole che faceva capolino tra le nuvole.

Si perse un attimo accarezzando la gattina poi guardò in cielo e fu attratta da una cosa mai vista quindi esclamò piena di sorpresa: “Nonno! Cos’è quella cosa colorata nel cielo?”.

“È l’arcobaleno tesoro!” rispose il nonno.

“L’arcobaleno? Cosa vuol dire?” domandò ancora Carolina.

“L’arcobaleno si forma dopo il temporale, cucciola” spiegò il nonno “Vedi i nuvoloni neri che si stanno allontanando? Sono ancora carichi di pioggia, le goccioline di acqua, piccolissime, rimangono sospese in aria e quando i raggi del sole le attraversano loro si tingono di tanti colori. Così si forma nel cielo questo bellissimo arco colorato”.

“Allora le goccioline sono come tante lampadine colorate! “ disse ridendo Carolina

“In un certo senso sì! È come se il sole le accendesse per illuminare il cielo diventato scuro per il temporale!” concluse il nonno sorridendo.

La nonna, che stava uscendo in terrazzo recando un grosso vassoio carico di tante buone cose, annunciò: “Ecco qua la merenda, miei cari!” Il nonno l’aiutò prontamente a disporre la tovaglia appoggiandovi sopra il piatto con la torta, i biscotti e i bicchieri con il succo di frutta.

Carolina li raggiunse e si arrampicò sulla sedia, accomodandosi in attesa della sua fetta di torta senza mai perdere d’occhio l’arcobaleno che stava diventando sempre più intenso.

“Vorrei tanto che la mamma e il papà diventassero come quelle goccioline colorate!” esordì Carolina, diventando improvvisamente seria. “Perché dici così amore?” Chiese la nonna volgendo uno sguardo interrogativo verso la nipotina, anche il nonno aveva smesso di mangiare la torta, sorpreso. 

“Perché diventerebbero più felici! Una notte mi sono svegliata e li ho sentiti dire delle brutte parole: la mamma piangeva e il papà diceva che era stufo di stare con lei! Io ho avuto paura e mi sono nascosta sotto le coperte e mi sono tappata le orecchie per non sentire!” disse tutto d’un fiato Carolina.

“Mi hanno portata qui perché non mi vogliono più?” continuò mentre grossi lacrimoni rigavano le sue guance paffute.

Il nonno si avvicinò e la prese in braccio mentre la nonna con una tovaglietta asciugava delicatamente le sue lacrime accarezzando il visino triste.

“Oh tesoro! No, non devi pensare questo! !” disse il nonno stringendola a sé.

“Lo sai amore che il tuo papà e la tua mamma hanno scelto un lavoro impegnativo, loro curano le persone e in questo periodo in ospedale ci sono tanti ammalati che hanno bisogno del loro aiuto. Per questo devono lavorare per molte ore e sono molto stanchi! E per proteggerti e non lasciarti sola hanno deciso di portarti qui da noi, capisci?” le spiegò la nonna con calma.

“A me piace stare con voi e con Neve!” disse Carolina singhiozzando “Ma ho paura di non tornare più a casa!”. La gattina, nel frattempo, sentendosi chiamata in causa era scesa dal davanzale e con un balzo era saltata sulle gambe del nonno per farsi stringere nell’abbraccio con la sua piccola padroncina.

“Vedi cucciolina che Neve è arrivata per consolarti!” disse il nonno accarezzandola e continuando a parlare dolcemente: “Ora immagina il temporale con le nubi scure, i lampi e il tuono che ti fa tanta paura…ecco, in questo periodo è come se fossimo dentro ad una fortissima tempesta, che ci impedisce di uscire di casa, che ci mette tanta agitazione e ci costringe a difenderci dal vento e dalla pioggia, a tappare le orecchie per non sentire il rumore! È la natura che deve sfogare tutta la sua forza e lo fa anche perché gli uomini non sempre sono gentili con lei, anzi spesso sono ingiusti e la trattano molto male dimenticando che lei ci regala doni bellissimi come i fiori, gli animali come Neve e tanto altro. Capisci?”.

Grazie alle parole pacate del nonno Carolina si era tranquillizzata e lo seguiva con attenzione.

“Il temporale non è cattivo, anzi a volte è molto utile perché con la sua forza porta via quello che non serve più o non ci fa bene, pulisce l’aria e rinnova la terra che poi può produrre nuovi frutti molto più buoni. E così è anche per le persone, proprio come il tuo papà e la tua mamma. A volte si perde la pazienza o non ci si capisce per troppa stanchezza, oppure perché le cose da risolvere sono più difficili del solito e allora si rischia di vedere tutto buio come durante un temporale! Però poi le nuvole si allontanano e il temporale passa, esce il sole, come è successo oggi, i raggi illuminano tutto e si forma l’arcobaleno!” finì di spiegare il nonno. “Se lasciamo che la luce del sole entri dentro di noi tutta la tristezza scompare, ma per fare questo bisogna dissolvere le nuvole con tanto amore.”

“Che cos’è l’amore?” domandò allora Carolina.

La nonna intervenne rispondendole: “L’amore è quello che dai alla tua micetta ogni giorno, l’hai accettata così com’è e ti sei presa cura di lei senza pretendere nulla in cambio. Hai avuto fiducia nelle tue capacità di amarla, tutto qui. È molto semplice!”.

“Se è semplice perché i grandi come il papà e la mamma non lo fanno?” aggiunse la piccola con ostinazione.

“Perché diventando grandi ci dimentichiamo delle cose semplici e ci complichiamo la vita. Poi però accade qualcosa di forte, come il temporale, che ci fa capire quali sono le cose importanti e allora riusciamo a ritrovare la luce…” a quel punto Carolina interruppe la spiegazione del nonno dicendo: “…E diventiamo delle piccole lampadine colorate che illuminano il cielo, vero?”.

I nonni si misero a ridere annuendo insieme: “Proprio così tesoro! Proprio così!”.

Gli occhi di Carolina si erano illuminati di felicità e mentre l’arcobaleno lentamente scioglieva i suoi colori nell’azzurro del cielo ormai limpido, la piccola annunciò con orgoglio: “Vado a prendere i colori perché voglio disegnare un grosso arcobaleno e in mezzo a tutte le gocce ne metto tre grosse grosse, piene di colore che si tengono per mano e fanno tantissima luce: siamo io, il papà e la mamma!”

“Brava Carolina, questa sì che è un’ottima idea!” confermò il nonno.

“E la torta non la mangi?” chiese la nonna facendo l’occhiolino al nonno.

“La mangio dopo! Prima faccio il disegno perché devo mandarlo subito alla mamma e al papà! Nonno accendi il computer che poi lo spediamo!” le ultime parole si persero nel corridoio, Carolina era corsa in casa seguita a ruota da Neve.

 

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