La stasi dietro il lavello

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 “VENERDÌ DI-VERSO

“Non era il caso di infierire. Non ce n’era bisogno. La vita era dalla nostra parte.”

Gli occhi della memoria scelgono cosa ricordare. E come. E questo fa la differenza.

Il titolo originale di questo “romanzo a episodi” è alla lettera “La mia libera giovinezza tedesca”. Ora: suona un po’ come “la mia fresca estate nel Sahara”. Perché Claudia Rush cresce nella DDR, la Deutsche Demokratische Republik, che proprio proprio democratica non era, considerando che il suo principale organo governativo fu la Stasi. Concediamoci di citare la nostra amichevole enciclopedia di quartiere: “La Stasi ha usato il monitoraggio, l’intimidazione, la detenzione contro avversari e critici nei confronti del regime, definiti persone ostili-negative. Negli anni ’50, la tortura fisica era ancora usata nelle carceri della Stasi e in seguito furono usati sofisticati metodi psicologici.” Ma Rush sceglie questo titolo. Perché?

“La stasi dietro al lavello” è un libro fresco, acuto, dolcissimo e spietato. Racconta una piccola storia nella Storia. Procedendo per fotogrammi, o, meglio, cortometraggi, ricostruisce i passi di una persona all’alba dell’individuazione personale invischiata nell’ambiguità di uno Stato che tenta di definirsi per esclusione, in negativo, ma allo stesso tempo è onnipresente e soffocante. La voce dell’autrice ci tiene alle pagine come se la stessimo ascoltando raccontare i suoi mille aneddoti in una serata di chiacchiere e confidenze.

Rapiti, ridiamo con lei del grottesco cui ha saputo sopravvivere, capiamo quello che intende quando parla di “assenza di ovvietà”, ci affezioniamo alla figura ribelle ed esuberante della giovane madre che la cresce caparbia a proprie spese, ci commuoviamo di fronte ai ritratti quasi poetici di personaggi minori ma sempre significativi. Delle asperità e delle fatiche ricorda quasi sempre il lato comico, non si fa vittima di nessuna circostanza, è un racconto tutto a testa alta. La statura del romanzo la fa questo sguardo che non abbellisce né denigra, uno sguardo che ha scelto la limpidezza come unica lente e che consente anche ai lettori, estranei ai tempi e ai fatti, di fare della trasparenza un’arma. Uno strumento per decifrare le contraddizioni senza giudicarle e allo stesso tempo misurare l’umana capacità di abitarle. 

Questo libro si legge facilmente, pare di mangiare dei biscotti dal sacchetto – e ci si rimane un po’ male quando, dopo l’ultimo (tra l’altro non propriamente dolce), si tocca il fondo, vuoto. Saremmo andati avanti ancora, cos’è questa storia che ci si deve fermare.

Chiuso il libro, constatato che il sacchetto è vuoto, rimaniamo leggermente a disagio, per aver divorato le pagine-biscotto così alla svelta: perché in ogni racconto abbiamo percepito quanto la bravura dell’autrice abbia reso lievi i gesti complessi di una battaglia – ormai lontana nel tempo, ma pur sempre una battaglia. Raccontarla è un modo di disinnescare il male, usare la penna come una spada è combattere la dimenticanza, il rischio della ripetizione, continuare determinati a tenere la guardia alta. Si può sorridere dei guai cui si è sopravvissuti, ce lo dobbiamo, se lo deve l’autrice; la distanza dai fatti, l’esito positivo di una vita riuscita ce lo consentono. Eppure se dovessimo dimenticarli, quei guai, dimenticheremmo anche il ruolo che hanno avuto nella nostra costruzione individuale e collettiva, correremmo l’infausto rischio di trovarceli di nuovo davanti.

Non possiamo lasciarci definire – solo – dai mali piccoli e grandi che abbiamo affrontato ma, cambiando prospettiva, possiamo riconoscerci il coraggio, l’ironia, la saggezza con cui li abbiamo affrontati, la determinazione che ci ha consentito di vederli ora alle nostre spalle. Pensiamo che Claudia Rush, con una scrittura necessaria e lieve, abbia fatto proprio questo: una piroetta sul mare dei ricordi, l’orizzonte di una vita libera e piena il punto fisso da tornare a guardare.

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Claudia Rusch, La stasi dietro il lavello, Keller, Rovereto, 2021

Edizione originale: Meine freie deutsche Jugend, Fischer Verlag, Frankfurt am main, 2003 

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