I libri scelti da Andrea Salonia
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Mi è comparso davanti agli occhi per caso, un mattino di sole fuori e un fresco che aveva lasciato spazio ai primi caldi; leggevo da qualche parte, dove non lo ricordo neppure più bene; prima il tema, poi l’autore – Philippe Lançon – e da ultimo sono andato a cercare il titolo: La traversata.
Un colpo di fulmine, e certo non perché il signor Lançon fosse uno dei sopravvissuti alla strage terroristica del 7 gennaio 2015, quando dodici persone furono brutalmente uccise da colpi di fucile sparati nei locali di Charlie Hebdo, nella splendida Parigi, mentre undici altre vennero ferite, anche gravemente. No. Nemmeno per le cause dietro al dramma; non per le motivazioni religiose; non per la ferocia nei confronti dei corpi, delle vite. No, proprio neppure per la perversa attenzione al macabro che spesso ci coglie, noi esseri umani senzienti e cogitanti, irrispettosa lei viene e ci acchiappa, mettendoci gli occhi nel lurido, nel putrido, senza permetterci di distogliere l’attenzione. No, non è questo.
È un processo inconscio, totalmente inspiegabile e viene da qualche punto là dentro la mia testa, o forse il cuore, ma quando una cosa, un libro, un quadro, un’opera, un cibo…un, insomma, diventa troppo discusso e parlato, troppi che se ne interessano, ecco che per me perde di fascino, e la mia attrazione fugge. Me ne scuso, non me ne voglia il lettore, non credo sia snobismo, è qualcosa che forse potrebbero meglio spiegare il professore Freud e la sua psicoanalisi (ma io ne ho gran timore, e allora rimango con le mie cose che perdono di fascinazione, e veloci se ne scappano se troppi le osservano e se ne interessano, piuttosto che lasciarmi scavare fin dentro l’anima: troppo pericoloso; anzi, terrore puro).
Quello che mi ha grandemente rapito de La traversata, il colpo di fulmine appunto, è stata la descrizione del vivere, del cammino arduo dei tentativi di riprendere a vivere, la riconquista ardua della quotidianità, l’angosciosa epopea di mesi di malattia, di dolore, di coraggio che oggi c’è e domani manca, di tentativi di sorriso e di fallimenti, di elaborazioni e rielaborazioni della mente, di riflessioni e di scoramento, di corpo che prende il sopravvento sulla psiche e sul pensiero razionale, di sofferenza gratuita o pagata a caro prezzo.
Quello che da medico mi ha profondamente colpito, tramortendomi addirittura, è la veridicità delle sensazioni descritte, del male che è un male fisico quello che trasuda dalle parole del Lançon, prendendoti alla gola e stringendotela forte forte, che quasi arrivi a non respirare. Ciò che il lettore che vive in me ha provato è la meraviglia del raccontare minuzie e sguardi e musiche e ancora parole in fila indiana a far frasi e poi pagine con una perizia grande e sincera, mai artefatta, per la cui traduzione devo far gran plauso al signor Alberto Bracci Testasecca, almeno nella mia copia di edizione e/o.
Infine da uomo; da uomo cosa si può provare, a partire dal rosso squassato dal nero dei buchi della copertina, opera enigmatica di Burri, che fin più facilmente di mille parole sa raccontare dello squarcio nel corpo, nell’anima, nella mente di un altro uomo; da uomo, infatti, ciò che de La traversata di questo signor Lançon – che mai avevo conosciuto neppure per sentito dire, giornalista ed editorialista della rivista satirica più discussa di Francia, che un brutto giorno di gennaio di sei anni orsono entra in redazione, prende un cappuccio, si siede, e poco dopo rimane con un pezzo di faccia in meno, distrutta da un proiettile e per i successivi otto mesi, e forse per sempre da allora, si trova a dover ridare vita al corpo e tentativi di vita alla mente – ecco, da uomo è la storia dell’uomo che mi ha travolto, la sua vera veridicità, con le sue pochezze e le grandezze incommensurabili.
Che poi, a me, la satira neppure piace. Ma è la gente, son le persone, le loro storie, il loro disagio rispetto alle prove della vita – tante, tantissime, mille e mille Everest quotidiani – il loro riso e i sorrisi senza censure, la felicità – dicono esista, e che non sia una bugia – la rabbia, il mare negli occhi, il sole in faccia; ecco, tutto questo mi colpisce mi piace mi affascina mi stordisce. Tutto questo c’è, nelle 464 pagine de La traversata. Prendetevi tempo bastante, del buon tempo accolto da attimi di prezioso silenzio, e allora son certo questo romanzo vi piacerà quanto è piaciuto a me. Tanto da volerlo regalare ai miei studenti, a quelle giovani donne, a quei giovani uomini che stanno diventando medici, e che della devastazione del corpo si occuperanno, dovendosi prender cura, al contempo, dello scempio delle anime.
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Lançon Philippe, La traversata, E/O, Roma, 2020
Edizione originale: Disturbance, Europa Editions, New York, 2019