L’ombra del vulcano

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“VENERDÌ RE-VERSO

“…e allora stringevo in mano una storia che non era più vera.”

 

I venerdì “re-Verso” sono dedicati a piccole chicche di qualche anno addietro; questa volta vogliamo illuminarne una piú recente: “L’ombra del vulcano” di Marco Rossari. Non una riscoperta quindi, per qualcuno, speriamo, un nuovo felice incontro.

Leggere questo libro è stato un’estate. Non un’estate di birrette e svolazzanti vestitini a fiori, no, piuttosto di caldo che cola sul collo, paura di morire, paura di non morire, sguardo appannato dall’afa, sudate anche le pagine, un dolore sordo in tutto il petto ma, soprattutto, al cuore. Il cuore. “Il cuore è un mistero” – “la letteratura è un mistero”. C’è in effetti qualcosa di più del semplice capire perché ci si è passati. È come rifare un viaggio ma con un compagno diverso, i paesaggi sono familiari e nuovi allo stesso tempo, una nostalgia al contrario, per cose che ancora non sono accadute. Ha molto a che fare con il modo di maneggiare le parole, come fossero oggetti solidi: tutto, in questo libro, è un solido pronto a sciogliersi, e rende il leggerlo un’esperienza fisica prima che mentale o emotiva.

È la storia di un lasciarsi, con un libro in mano. IL libro: “Sotto il vulcano” di Lowry, la cui traduzione è stata effettivamente curata dall’autore. Stai morendo in piedi, tutto quello che ti circonda è meno reale dei ricordi, devi lavorare su un libro, sulla (doppia) storia di un altro, ma non può che essere la tua, caleidoscopica spirale di esistenze.

Ogni passo in avanti nella traduzione è un passo faticoso, melmoso, fuori e in fondo ad una storia che non sa come finire. Eppure deve finire. È già finita. Sì, ma come. “When love is gone, where does it go?” cantavano gli Arcade Fire… rimane nell’aria umidiccia di una Milano fantasma su cui incombono due vulcani, così vicini, così immobili, potrebbero toccarsi solo eruttando ma quel momento è già passato.

Ci sono dolori che sono come terremoti, lasciano crepe nei muri, si ripuliscono le macerie ma rimangono le rovine; il gesto di ricostruire richiede un’immaginazione che, se non sai nemmeno perché ti stai alzando dal letto, è davvero faticoso trovare. Qualche volta allora i libri si fanno vicari di forze che noi non abbiamo, attraversarli ci restituisce qualche pezzo di noi e qualche pezzo di quel reale che non riusciamo a decifrare.

Rossari guada una città, un amore, una storia, il confine magico tra realtà e finzione disarmato come l’ultimo degli anti-eroi: un buon amico come scudiero, qualche Martini all’anguria si fa improbabile pozione, la bicicletta un destriero da difendere. Milano diventa una terra di erranti, il Baracchino una locanda per anime sperse e tristi, molto tristi. Il corpo e i suoi affanni traducono la pesantezza dei pensieri, “da soli bisogna reimparare tutto”.

Leggere “L’ombra del vulcano” è un farmaco amaro – veleno e antidoto insieme – che ci accompagna alla fine di una fine, il prossimo inizio non lo troverete qui. Il cuore è un mistero, la letteratura è un mistero, il corvo sulla schiena, il mal d’amore, lasciarsi per perdersi, lasciarsi per ritrovarsi, trovare le parole, non trovarle mai: rimarremo sempre con più domande che risposte, inspiegabilmente in piedi, inspiegabilmente vivi. E con un libro in mano.

Recensione di Delis 

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Marco Rossari, L’ombra del vulcano, Einaudi, Torino, 2023

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