Nomadland

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Per un numero crescente di Americani il sogno di una vita borghese è passato da difficile a impossibile.”

Necessario. É questo l’aggettivo in cui pensiamo di poter avvolgere il libro prima di metterlo a posto nella nostra biblioteca. Un testo necessario per mettere a nudo le meschine incoerenze su cui si basa il sistema economico statunitense, e per estensione quelle di buona parte del mondo occidentale.

Un pugno allo stomaco delle ipocrisie, di chi si volta dall’altra parte per non vedere chi ha bisogno di aiuto, in particolare donne e uomini che dopo una vita di lavoro si trovano costretti a continuare a lavorare senza diritti, sottopagati al limite della soglia di povertà.

Qui è interessante la distinzione iniziale tra “senza casa” come si autodifiniscono questi moderni nomadi e quelli che invece sono i tradizionali “senza tetto”. I primi di fatto sono in possesso di una casa, solo che questa ha preso la forma di una roulotte out caravan vecchio di trent’anni, perché forzati a decidere se pagare un affitto oppure mettere assieme il pranzo con la cena. 

L’autrice/giornalista ha macinato chilometri su strada assieme ai “senza casa”, nelle loro moderne transumanze per tutto il territorio statunitense, alla ricerca di occupazioni stagionali e riuscire a sopravvivere inverno dopo inverno dopo inverno. Un girovagare con meta finale le grandi aziende  alla costante richiesta di manodopera a basso costo (camuffata da falsi valori, buoni per le attività di marketing). 

Il sogno americano si riscopre sgonfiato, come un pallone a cui sono stati dati troppi calci. Il duro lavoro, l’onesta, i buoni propositi, quella che un tempo era chiamata l’etica protestante e lo spirito del capitalismo, sono ricordi sbiaditi in cui i nuovi cittadini americani fanno sempre più fatica a riconoscersi. 

Lo stile di scrittura è diretto e lineare, incisivo quanto basta senza dare fastidio, in perfetto stile giornalistico. Le pagine corrono via come fogli di giornale, non a caso il cuore del libro nasce come una serie di articoli d’inchiesta poi trasformatisi in un lavoro più strutturato. E qui ci sentiamo di riconoscere forse uno dei meriti maggiori dell’autrice, aver acceso una luce di posizione per segnalare un uomo alla deriva in mezzo al mare, per poi farci capire che alla deriva siamo noi. 

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Jessica Bruder, Nomadland, Edizioni Clichy, Milano, 2020

Edizione Originale: Nomadland, W. W. Norton & Company, New York, 2017

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