La casa di via Valadier

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Le persone capaci, le persone oneste non possono finire che così. O in galera, o all’estero, o costrette a ritirarsi a vita privata.

Un piccolo gioiellino da tenere tra gli oggetti cari della lingua italiana. Un romanzo senza troppe pretese, se non di raccontare una storia semplice, con personaggi costruiti sulle sabbie mobili della meschinità umana, specchio sincero della società.

Due racconti scritti in periodi diversi che offrono un chiaro punto di vista sulla disillusione latente (ma neanche troppo) dell’autore verso la società contemporanea, e che riverbera molti dei suoi lati negativi anche su quella italiana dei nostri giorni. Nello specifico del testo di Cassola, il primo racconto è ambientato durante il ventennio fascista, mentre il secondo dopo la liberazione. Un passaggio netto dalla notte più buia dell’Italia alla sua ultima alba, sebbene dopo aver terminato la lettura, rimane il gusto amaro della realtà, o meglio profonda disillusione dell’autore per il nuovo mondo nato dalle ceneri della dittatura. A distanza di oltre cinquant’anni ci sentiamo di condividere parte delle emozioni di Cassola, per un’Italia perennemente ingrata verso chi le vuole più bene.

Anello di congiunzione tra i due racconti è la figura del marmista socialista e antifascista, Maggiorelli, toscano della Massa Marittima, costretto a trasferirsi a Roma.

La passione politica lo terrà in contatto con i suoi vecchi compagni di partito toscani, tra cui si cela un traditore, che porterà alla carcerazione di vari compagni, fino ad arrivare allo stesso Maggiorelli.

Il secondo racconto, come detto, è post liberazione, dove gli scheletri del passato vanno a bussare alla porta dei protagonisti del primo racconto, e dei loro figli. Segreti sottaciuti, verità nascoste e sensi di colpa andranno a bruciare dentro le anime dei protagonisti rimasti ancora in vita.

Se ci è piaciuto il libro? Come è possibile non esserne innamorati? Un lavoro sul testo e sullo spirito degli italiani come pochi altri. Nonostante la diversa intensità dei due racconti, a pesare è certamente il fatto di essere stati scritti in periodi diversi, con un Cassola per forza di cose diverso nel modo di narrare, la bellezza del testo nel suo insieme rimane intatta. Un sempreverde capace di guardare al passato per descrivere il presente dell’epoca e raccontare il futuro di cui noi siamo testimoni. Abbiamo solo il rimpianto che simili penne sono ormai rare, anzi rarissime, nella letteratura contemporanea.

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Carlo Cassola, La casa di via Valadier, Einaudi,Torino, 1956

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