La via del bosco

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“VENERDÌ RE-VERSO

“L’impronta di una vita è ovunque.”

 

Un’antropologa malese, trapiantata in Norvegia, riesce a superare il lutto improvviso del marito grazie all’inaspettato incontro con il mondo dei funghi.

Sembra che alla comunità dei lettori questo libro sia piaciuto molto: se ne elogia la delicatezza e il modo, inusuale ma ruscito, con cui sono stati accostati due temi in apparenza assai distanti, il lutto e la micologia.

Siamo un po’ perplessi.

Il libro scorre, come si suol dire, si giunge alla fine senza particolari impedimenti, sostenuti in questa passeggiata dalle numerose e curiose informazioni che andiamo via via apprendendo sul bizzarro universo fungino. Ma.

Innanzitutto i funghi non ricoprono nessuna funzione specifica nell’elaborazione della perdita – o meglio, lo fanno come potrebbe farlo qualsiasi altro hobby che implicasse uno studio assiduo e un’equivalente attività motoria. La micologia é una branca del sapere affascinante, sia detto, e il miglior pregio del testo rimane quello di incuriosire e di fornire una blanda infarinatura sulla materia. Forse ancora più interessante, lo sguardo antropologico con cui l’autrice si accosta a questioni come la percezione culturalmente connotata del gusto o la nozione, solo apparentemente oggettiva, di “commestibilità”. Le riflessioni sulle definizioni olfattive aprono sentieri di approfondimento per i più curiosi e, poco ma sicuro, fanno insorgere una gran voglia di mangiar funghi.

Il dolore della perdita invece rimane evanescente, raccontato in una forma diaristica che avrebbe necessitato di un editing più stringente per farsi comunicativa, universale. Ci chiediamo che posto possa occupare questo libro nei nostri scaffali interiori, a chi lo consiglieremmo, cosa ci portiamo a casa dall’esperienza di lettura: un percorso di recupero, sì, ma che si può forse riassumere in quel “il tempo aggiusterà tutto” che nel bel mezzo della disperazione nessuno vuole sentire. La morte è raccontata in modo così tangenziale, indiretto da togliere forza anche al suo corrispettivo di rinascita. Credibile è il loop di pensieri che toglie concretezza alla vita quotidiana ma il malessere, il vuoto ad ogni passo, lo smarrimento non arrivano davvero al lettore, non si fanno cosa viva. Senza voler mancare di rispetto alla condivisione genuina e anche molto dolce che ci presentano queste pagine, non ne possiamo apprezzare lo stile che ricorda quei temi scolastici in cui, accanto all’argomento principe, inseriamo due o tre riflessioni intime e personali che ci garantiranno un punto in più nella valutazione finale.

Alcuni paragrafi guadagnano la nostra empatia di esseri umani ma in quanto lettori investiamo tempo ed energie in un racconto che, ci sembra, non ci arricchisca in quelle pieghe dell’animo che invece altre letture, altri autori hanno saputo diversamente distendere ed illuminare.

Recensione di Delis 

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Long litt Woon, La via del bosco, Iperborea, Milano, 2019

Edizione originale: Stien tilbake til livet, Virgmostad&Bjørke, Bergen, 2017

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