Fontamara

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“In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe di Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. Poi vengono i cafoni. E si può dire ch’è finito.”

Se fossimo costretti a descrivere il libro con un solo aggettivo, questi non potrebbe che essere uno: sempreverde. Abbiamo letto Fontamara per la prima volta durante il periodo scolastico, ma è solo attraverso la rilettura nel corso degli anni che ne abbiamo apprezzato la portata, rimanendo sorpresi della costante attualità dei temi trattati.

Il racconto ambientato alla fine degli anni venti, riporta le vicende degli abitanti di Fontamara, un paesino sperduto della Marsica (da dove proviene lo stesso scrittore). Terra aspra e dura, come le persone ivi nate e cresciute, a loro insaputa coinvolte in una storia più grande di loro, fino a diventare vittime. Proprio quella giustizia invocata a voce, alta dopo aver scoperto di essere stati raggirati da un membro del Partito, si manifesterà sotto forma di ingiustizia.

E’ la storia dell’Italia di ieri, di oggi e certamente di domani, oppressa dalle piccole prepotenze quotidiane di signorotti locali, nonché dei diritti travestiti da gentili concessioni. Su tutti risalta il personaggio di Berardo Viola, il ragazzo più forte e onesto e sincero del paese, ma proprio per tali caratteristiche, tendente a mettersi sempre nei guai con la legge. Dopo alterne sventure, si farà convincere dai consigli materni, e della sua eterna promessa sposa Elvira, a trasferirsi a Roma per cercare lavoro, ma l’infausta nomea degli abitanti di Fontamara, gli farà trovare tutte le porte chiuse.

Deciso a tornare nel paese natio, quella che possiamo definire la provvida sventura in chiave moderna, farà incrociare il suo destino con quello di un membro della Resistenza, con cui sarà arrestato. In carcere Berardo acquisirà una forte consapevolezza/maturazione politica, fino ad arrivare all’estremo sacrificio.

Questo è certamente il libro degli ultimi, della povera gente, della non speranza, del se qualcosa cambia lo farà in peggio, delle disillusioni, dell’Italia.


 

Ignazio Silone, Fontamara, Mondadori, Milano, 1947 (N.E.I. – 1934)

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