La città dei vivi

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Scritto da Alessia Agostinelli

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Ho appena terminato La città dei vivi di Nicola Lagioia e non posso nascondere il turbamento che ha accompagnato questa lettura fatta tutta d’un fiato. Pubblicato a Ottobre 2020 da Einaudi Editori, La citta’ dei vivi ripercorre le vicende umane e giudiziarie di un caso che sconvolse Roma e l’opinione pubblica italiana nel 2016, il brutale assassinio del giovane Luca Varani.

Come nelle migliori non fiction novel, Lagioia porta conduce un’indagine approfondita sul male e ne cerca ossessivamente i perché in una Roma alla deriva, in preda al caos, ai topi, all’immondizia e al degrado, una Roma consapevole di non essere eterna. Si è subito assorbiti dall’atmosfera urbana di un’umanità perduta che si incarna nelle vite dissolute dei due colpevoli, Manuel Foffo e Marco Prato.

Le vite e i vizi dei responsabili di questa tragedia sono ricostruite a partire dai concetti di colpa, responsabilità e libero arbitrio, fra accuse di uno all’altro, profili psichiatrici e testimonianze di amici e parenti. C’è anche quella dello scrittore che si denuda in una vicenda solo apparentemente a lui distante, mostrando la sua graduale ossessione per il caso e trovando in essa un’eco a una domanda opprimente posta al lettore: quanto è grande l’ostacolo emotivo che ci separa dal vestire i panni del carnefice?

Ricollegandomi in parte al concetto della banalità del male del mio ultimo post, torna la patina di due ragazzi agli occhi di tutti ‘perfettamente normali’. Mentre suoi social e sui giornali la coscienza collettiva urlava ‘mostri’ per prendere le distanze dal male, l’autore si immerge nelle infinite zone d’ombre di due giovani, da soli incapaci di azioni scellerate, ma che insieme hanno trovato la forza e la debolezza insieme di un crimine che ha il sapore del rito. Uccidere l’altro per affermare se stessi. O forse uccidere l’altro per annullare se stessi. La città dei vivi è allora la storia di una sconfitta non solo individuale, ma collettiva, di una società che ha perso difronte al male, semplicemente scegliendolo.

C’è un elemento personale in questo pensiero. Roma è la città dove sono nata e crescita e nessuna altra città in cui abbia vissuto ha una personalità spiccata come la sua e quella dei suoi abitanti. Leggerla in una cronaca che torna su luoghi che conosco, punti di ritrovo, locali, officine, persino il treno, lascia un segno difficile da cancellare. Il merito di Lagioia è di aver capito Roma e averla saputo raccontare come la capitale dei vizi, il più bel cesto per le mele marce, l’emblema dell’umanità tutta con le sue luci abbacinanti di bellezza e le sue strade buie e infernali. Così il suo libro pone la vicenda narrata sotto una luce diversa, universale, facendosi parabola della perdizione dei nostri tempi. Lagioia ci mostra il baratro e ci chiede sussurrando chi siamo, o chi potevamo diventare. La città dei vivi è come Roma, ti rimane addosso, anche quando la si lascia.

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Nicola Lagioia, La città dei vivi, Einaudi, Torino, 2020

 

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