Chi ha letto Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi sa che è un romanzo destinato a durare oltre il tempo e lo spazio del frammento di storia che racconta. Io l’ho letto solo alcune settimane fa, mentre ero proprio a Lisbona. L’ho letto sull’aereo di andata, sul famoso tram 28 che attraversa la città e poi seduta su una panchina, davanti al mare. Eppure, per quanto il mio scenario fosse lo stesso, la Lisbona di Sostiene Pereira è un’altra: è il 1938, il Portogallo è soffocato dal regime salazarista e l’afa dell’agosto si confonde con la cappa di oppressione che grava sulla città. Pereira, per lavorare ai suoi articoli, ha bisogno di un ventilatore sempre acceso, come se l’aria fosse già irrespirabile.
Giornalista culturale del quotidiano cattolico «Lisboa» nonché protagonista assoluto del romanzo, Pereira è un personaggio goffo, apolitico, cardiopatico e sovrappeso, con una dipendenza per le limonate e la letteratura francese. La sua vita procede in modo abitudinario, scandita da panini con la frittata e conversazioni con il ritratto della moglie defunta, un interlocutore muto a cui Pereira confida la sua solitudine in cerca di un conforto. Un conforto che non sa trovare. “Pazienza, vedremo”, sono le due parole con cui termina ogni dialogo, come se il protagonista fosse incapace di libero arbitrio, come se il tempo lo attraversasse senza che lui ne fosse davvero parte.
Eppure, all’improvviso, qualcosa cambia. Durante una giornata torrida come le altre, Pereira legge un articolo sulla morte scritto da un giovane di nome Monteiro Rossi, e decide di incontrarlo per proporgli un lavoro: scrivere necrologi di autori scomparsi. Ma Monteiro Rossi, in realtà, con la morte non ha nulla a che fare, la tradisce ogni giorno in una relazione appassionata con la vita. Giovane rivoluzionario, socialista militante, è abituato a vivere con lo spirito anarchico proprio dei vent’anni.
Da questo incontro lo stesso Pereira non sa dire cosa gli succeda e lo testimonia l’uso ossessivo del verbo “sostiene”: il protagonista sembra autogiustificare continuamente una sua tardiva presa di posizione. Ma attratto dal vitalismo di Monteiro, Pereira si ritrova in situazioni e idee pericolosamente politiche. Lui che si era dato ormai per morto, che subiva la malattia e il passare dei giorni, decide di accogliere Monteiro a casa sua e di lasciarsi stravolgere la vita.
Adatto a tutte e tutti ma soprattutto ai più giovani, Sostiene Pereira è un classico del novecento con la C maiuscola. Antonio Tabucchi, con una prosa limpida e avvolgente, ci insegna che la cultura non è mai un semplice ornamento intellettuale: è sempre politica, sempre una scelta. Un romanzo sul potere della scrittura e sulla responsabilità delle parole. Un libro sui cambiamenti possibili, su come persino una pagina culturale possa diventare strumento di resistenza, su come anche un intellettuale disilluso possa ritrovare la forza e le idee della giovinezza. Io avrei voluto leggerlo anni fa, magari a scuola, per capire, per agire. Perché, come ci ricorda Tabucchi, il silenzio, davanti alla storia, non è mai la soluzione giusta.
Recensione di Maria De Gennaro
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Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira, Feltrinelli, Milano, 1994