“VENERDÌ RE-VERSO”
“Adesso era tutto diverso. Non c’era più niente di prestabilito, era tutto da rifare.”
In molti in questi giorni potrebbero aver letto “Confini di classe” (Feltrinelli, 2025), la piccola raccolta di saggi di Lea Ypi, nella quale l’autrice affronta in maniera tecnica ma appassionata il doppio nodo che lega la questione di classe a quella della cittadinanza. Leggere “Libera”, il suo romanzo autobiografico uscito qualche anno fa, aiuta forse a capire come si possa arrivare a una visione tanto lucida anche se, va detto, nell’insieme delle circostanze bisogna considerare un’agilità d’intelletto non proprio comune. Ypi ha il pregio di rendere accessibile ogni concetto, dipanando le complessità in una sequenza lineare e meno ostile.
La voce che sceglie per raccontare la sua storia è quella della sé bambina ed è proprio attraverso questo sguardo che possiamo riconoscere l’istanza manipolatoria di ogni ideologia dogmatica e acritica: essa diventa la realtà in cui siamo immersi e che, volenti o nolenti, entra a far parte di noi. “Il Partito era sparito, eppure c’era ancora: era sopra di noi, ma anche dentro di noi”. E allora che fare? Intanto, un passo indietro. Cosa racconta “Libera”? La storia dell’Albania dal 1985 al 1997: con gli occhi di una giovane Lea viviamo l’utopia socialista, il sogno del comunismo a venire, il boato del loro crollo, la guerra, i primi barconi di migranti, le reazioni ipocrite e mutevoli del nostro paese di fronte a quella fuga di massa, le famiglie spezzate, la decisione, infine, di studiare filosofia contro tutte le raccomandazioni paterne (oggi Lea Ypi insegna Filosofia politica alla London School of Economics).
Le persone della vita dell’autrice diventano personaggi di una Storia contraddittoria in cui fatti, verità, interpretazione, religione, libertà sono oggetto di continua rielaborazione critica, mai dati, mai definitivi. E così, raccontando la sua storia Ypi ci fornisce gli strumenti per costruire l’impalcatura di un pensiero vivo, incarnato, indocile: non rinuncia alla complessità che l’ha condotta, oggi, a elaborare enunciazioni così chiare sulla lotta di classe, a problematizzare tanto il capitalismo quanto le sue risposte retoriche e spesso fuori fuoco; a rivolgersi in definitiva alla sinistra, alle sue proposte deboli, miopi e inermi, nella speranza di riconquistare un modo dignitoso, coraggioso e critico di stare nella società.
“Se le vicende della mia famiglia e del mio paese hanno qualcosa da insegnare, è che nessuno fa mai la storia nelle circostanze che si è scelto” scrive. E allora nella galleria di famiglia spicca ai nostri occhi la figura del padre, un uomo che ha fatto dell’ironia la propria sopravvivenza, che crede nella rivoluzione che deve ancora venire e in uomini che sono già morti, scisso dal presente, insofferente al suo cinismo, incapace di lottare (come invece la madre), sconfitto dalla realtà. Un ritratto che è, crediamo, un invito per contrasto all’azione, alla mobilitazione dei principi, all’agire un’onestà che non può rimanere solo pensata. Forse, la miglior risposta a quel “che fare?” di cui sopra.
“Per questo ho scritto la mia storia: per spiegare, per riconciliare e per proseguire la lotta.”
Recensione di Delis
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Lea Ypi, Libera, Feltrinelli, Milano, 2022
Edizione originale: Free, Penguin, New York, 2021